Che bella la casetta in… Norvegia

È quel che mi succede quando vedo una casetta in Norvegia: vorrei andarci a vivere immediatamente e, se arriverà la famosa lettera, magari lo faccio. Per questo, ne ho trovate un po’ che mi piacciono su e giù per il Paese e le ho fotografate: sono perlopiù di legno, rosse, gialle o bianche e qualcuna ha un prato sul tetto. Una delle più graziose è una toilette sul ciglio della strada statale, incredibile, eh? Voilà la mia collezione. Enjoy!



   
  
  

  

E poi sei al Circolo Polare Artico #BmwStories

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Ci siamo capitati intorno alle 11 di mattina e ci saranno stati oltre 22 gradi: quindi mi sono tolta il piumino e sono rimasta in felpa. Gesto che fa una certa impressione se hai i piedi appoggiati sulla linea che segna il Circolo Polare Artico. È posto lungo il parallelo a 66°33’39” di latitudine nord e attraversa Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia, Stati Uniti cioè Alaska, Canada, Groenlandia, Islanda. E non c’è praticamente niente, a parte un’astronave rossa che assomiglia a un palazzetto dello sport degli anni Ottanta. È il negozio che vende t-shirt, felpe, tazze, magneti, segnalibri e adesivi souvenir con su scritto «Ho attaversato il Circolo Polare Artico».

Dopodiché c’è una collina costellata di pietre che i turisti hanno trasformato in piccole sculture, abitudine tipicamente norvegese. Infatti, queste torri fatte di pietre poste una sopra all’altra, le trovi in qualunque punto panoramico del paese: la prima volta che le abbiamo viste c’era una donna sui sessanta che ne costruiva un paio e la Berenice è convinta che vaghi per la Scandinavia a decorare spiagge e montagne. «Guarda, la signora è venuta anche qui. Ma pensa». Ogni tanto mi scappa da ridere. Però poi taccio.

 

Bergen è uguale a Frozen

Bravi, l’hanno disegnata esattamente come appare: Arendelle è uguale a Bergen e io sono venuta fin quassù per verificarlo. Quindi sì, è vero, i ragazzi della Disney hanno replicato perfettamente dentro Frozen ognuna delle 61 casette di legno del ‘400 che hanno costretto pure l’Unesco a dichiarare questa fiabesca città Patrimonio dell’Umanità. E in uno dei negozietti del porto ho trovato perfino la versione adulta del vestito di Elsa, ma non l’ho presa: «Vabbè mamma, ma che te ne fai? Piuttosto: mi compri un troll? E un cappello, ho le orecchie gelate. Anche un paio di guanti, magari».

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Siamo in Norvegia, evviva. La temperatura è crollata sotto i 15 gradi, le ragazze se ne vanno in giro in shorts, cerata e stivali di gomma, noi in piumino e siamo fortunati che oggi non piove in una città dove, abitualmente, per 269 giorni all’anno diluvia. Al mercato del pesce sono spuntati i primi italiani e chevelodicoafà: sui banconi un tripudio di crostacei e salmoni selvaggi cucinati in qualunque modo, granchi reali da 15 chili l’uno, halibut, bistecche di balena e spiedini di calamari, sandwich ripieni di gamberetti e maionese e uova che solo a guardarli il colesterolo schizza a 200. In alternativa hamburger di renna e hot dog d’alce. Ah, e i prezzi sono ridicoli. Per un piatto non spendi meno di 30 euro e se entri in panetteria un croissant costa almeno 5. Ve lo giuro. Inoltre, proprio nel cuore di Bryggen vendono corna di Bambi, alci e renne per neanche 15 euro, ma si può?

Però nei negozi d’arredamento vedi cose che neanche a Milano e i prezzi sono gli stessi. Il design nordico è favoloso e ingegnoso e mi fa venire in mente solo che forse io, nella mia vita precedente, devo essere cresciuta tra i boschi di conifere di queste parti perché mi basta vedere una sedia ed è come se davanti a me ci fosse la mia trisnonna. Sento che se avessi la connessione a internet, una casetta bianca con il tetto rosso sul bordo di un fiordo e il sussidio garantito dello stato norvegese potrei vivere qui felice. Per sempre.

Comunque. La guida sostiene che solo se sei un bambino puoi vedere un troll, altrimenti niente. Quindi per tutta la giornata ho dovuto inventare storie sui folletti che qui abitano nelle foreste, hanno la coda e sono ritratti in ogni negozio di souvenir. Li trovi perfino in cima al monte Floyen che raggiungi con una funicolare aggrappata alle rocce fino a 320 metri. Scendi dal trenino e, oltre a una vista spettacolare di Bergen e i suoi fiordi, hai davanti a te il più incredibile parco giochi all’aperto che io abbia mai visto, con scivoli tra pini secolari, altalene rotanti, scivoli incastonati tra muschi, licheni e quell’erba fresca e morbida e profumata che pensi esista solo nei libri illustrati per bambini.

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Invece, qui è tutto vero e il percorso del troll è un favoloso sentiero tra alberi giganteschi e magnificenti. E insomma ne abbraccio un paio prima che scatti l’ora di cena.

Sono le 9 di sera, la luce è ancora bianca e intensa quando la cameriera ci porta in tavola un secchio di gamberi della Groenlandia al limone e cozze e patatine fritte che ci sfami una famiglia di Cuneo. Dopotutto, domani è un altro giorno: salute, neh.

 

 

Quasi quasi mi trasferisco a Bergen

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Trondheim

E niente, le valigie sono partite con la bacchetta magica blu di Bmw. I bamboli tornano domani dall’esilio tra Piemonte e Liguria e oggi mi si è rotta la bici. Però non è ancora arrivata la maledetta lettera che potrebbe cambiare il destino a tutti: evviva. Ciò nonostante, mi sto attrezzando per valutare da quale paese del mondo, eventually, potrei ricominciare da zero.

Oggi ho due notizie di un certo rilievo. La prima. Ho scoperto che un’amica di vent’anni (o giù di lì) va pazza per i Dilf: «Sì, quelli con il bebè in braccio soprattutto. Non so perché ma io li guardo e mi eccito». Anche se non è questo il punto vero. E siamo alla seconda news. Lei, l’appassionata di papà-col-baby-addosso, ha a sua volta un’amica che ha trovato un principe azzurro norvegese e che si è trasferita laggiù e Maria Vergine quanto ci vive bene. Solo che il marito è Mister-Hotel-Per-Famiglie-Di-Norvegia e così siamo capaci tutte, dài. Lei assicura che è vero amore, infatti hanno due figlie coi capelli d’oro e gli occhi chiari. Epperò il tempo fa schifo, piove e ci sono 15 gradi.

Vediamo. La CNN ha appena mandato on line un servizio in cui certifica che due tra le dieci città al mondo in cui si vivrà meglio da qui a 10 anni stanno in Norvegia.

Ho controllato e ci sto facendo un pensierino. La prima è Bergen e proprio qui i disegnatori Disney hanno piazzato il Regno di Arendelle, quello di Elsa & Anna. Quindi: casette colorate di legno, gente bionda che mangia salmone e fette di balena, troll disegnati un po’ dappertutto. In più è l’hub per l’industria energetica e navale e si fa ricerca marina.

L’altra è Trondheim, ed è altrettanto graziosa. È la più moderna del Regno e proprio qui negli anni ’80 si sviluppo’ la tecnologia GSM, oggi hanno sede 550 start up e chissà che freddo fa.

meraviglie norvegesi

Che poi è difficile decidersi, eh. Proprio perché questi son tutti posti magnifici, a giudicare dalle foto. Buzzfeed si è infatti inventato l’espressione “geography porn” proprio per definire l’incanto e la meraviglia che un qualunque lembo di terra norvegese è in grado di generare. Allego immagini, neh.

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Devo anche capire se i babies sarebbero d’accordo. Soprattutto la B. Già odia l’inglese, figurati il norvegese. Devo scrivere alla principessa di cui sopra, magari al castello hanno bisogno di una governante/blogger. Eh, da qualche parte si dovrà pur cominciare.

Vorrei essere qui: in Norvegia

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vista da the Juvet Hotel

«Torni in Norvegia, giusto?»
«Sì, è quasi un mese che lo dico e lo scrivo»
«Ok, allora prima devi fiondarti al cinema a vedere Ex Machina: il film è una specie di sci-fi, ma bello».
«È che a me quel genere lì non fa impazzire».
«Vabbè, comunque il film è bello, l’ha scritto quello di The Beach con Di Caprio. Ed è ambientato in un hotel favoloso, metafisico, fichissimo. In Norvegia».
«Ok, ora esco da whatsapp e lo cerco».

Conversazione con Sara, of course. Che è un’appassionata di polizieschi, thriller e film de paura. Sì, è la mia miglior amica. E per l’ennesima volta in vita mia mi ha ricordato che, tra qualche anno, probabilmente soffrirò di un anticipo di Alzheimer.
Già, perché questo film di Alex Garland (l’autore inglese di The Beach che per la prima volta scrive una sceneggiatura per il cinema da zero) non solo sapevo che sarebbe uscito il 30 luglio in Italia, ma avevo pure passato e titolato il servizio che lo presentava su GQ. E l’avevo completamente rimosso. Ma si può?

Comunque, lì nessuno faceva cenno al Juvet Hotel, in effetti. Sono andata a spiare il sito e ho scoperto che gli architetti Jensen & Skodvin volevano tirar su dal niente, dalla fiabesca campagna norvegese, il primo “landscape hotel” d’Europa. Cioè un albergo che si annulla nel paesaggio che lo circonda. Praticamente 7 piccoli cubi/palafitta di vetro che si affacciano sul fiume, la vallata e tutta la magia che compare nel bosco a 90 minuti da Ålesund, Norvegia nord occidentale.

E c’è anche una sauna. La prima sensazione che provi quando entri nella tua stanza? Senti la necessità di spogliarti all’istante per abbracciare la natura che ti circonda. Veramente.

Chissà che festa sarebbe per la Berenice. E Vittorio impazzirebbe. Mah, quasi quasi ci vado. Che dite?

PS: nel frattempo mi faccio una barretta di liquirizia Panda che è made in Finland: forse facciamo una deviazione a Rovaniemi, Lapponia, evviva.
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Mamma com’è cool questo blog!

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La B in versione sorella minore di Pippi

 
Fosse stato qualche tempo fa mi sarei perfino un po’ offesa: oggi Miss J mi ha scritto che questo non sarebbe un blog molto cool. Può essere. Ma secondo me esistono diversi gradi di coolness e viaggiocolbaby.com si piazza a un buon livello, dai. Ci sono oltre cinquanta sfumature di Nord e a me piace quella più pop, ok?

Comunque travestirmi da blogger mi sta dando grosse soddisfazioni. Mi sento moderna, giovane e con un futuro tutto rosa shocking davanti a me. Che, di questi tempi per niente allegri, è una sensazione favolosa. Vero colleghi?

Questo anche se, per dire, dovremo farci 1000 chilometri in 3 giorni in Norvegia e il papà di Vittorio si spaccherà la schiena su una BMW Serie 2 Gran Tourer (a proposito, grazie #BMWstories). E Vittorio piangerà e vorrà sempre fare Am! e correre su un prato incontro alle renne. O sarà un alce?

E la Berenice si lamenterà del suo seggiolino Be Safe che è quasi una poltrona mentre lei vorrebbe il suo rialzino rosso della Panda: «Sono grande, io». Invece a Nord si deve viaggiare sicuri sì, ma anche molto comodi. Così i bambini fino a 12 anni hanno un sedile che assomiglia a quello che trovi in aereo: tre posizioni di comfort e morbidezza. Se ne dovrà fare una ragione.

il Nord, secondo me
il Nord, secondo me

E niente, oggi vi lascio alla mia bambola in versione sorella minore di Pippi e a un paio di immagini rubate da un sito scandinavo che mi ha molto ispirato. Perché quando io penso al Grande Nord mi viene in mente una casetta tutta rossa che spunta dalla neve e le linee essenziali e perfettamente armoniche di un vaso di vetro colorato. Sopra a un tavolo di marmo di Carrara.

www.danielstjerne.com
http://www.danielstjerne.com

Frozen 2 arriva, ma nel 2018: i rumours

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E comunque la colpa è tutta di Frozen. Voglio dire, se a dicembre io sono finita in Norvegia è soprattutto perché sul sito della Disney avevo letto che i disegnatori si erano ispirati a Bergen per realizzare le scenografie di Arendelle, il paesino dove vivono Elsa e Anna. Non solo. Ora ci sono tour operator americani che propongono esattamente il loro itinerario con, in più, un corso di un’ora di ballo folk («Per imparare a danzare proprio come Anna») e un giro in barca sul lago Loen per pescare le famose trote dei ghiacci.
Ah, e poi un tour tra il Geirangerfjord e il Naeroyfjord, entrambi patrimonio dell’Unesco. Che è poi quello che noi faremo ma in estrema libertà.

Sì, continuo ad essere ossessionata con e dalla Norvegia: che, non se nota?
Prima di partire però, voglio rassicurare i padri e le madri costretti per tutto l’inverno scorso a imparare a memoria Let it go o All’alba sorgerò, nella versione italiana: tranquilli, Frozen 2 arriverà ok, ma non prima del 2018. Quindi abbiamo tutto il tempo che vogliamo per rimuovere dalla memopria dei baby le due sisters. E ringraziate che il motto della Disney è: «Noi non facciamo in fretta, noi miriamo all’eccellenza».
Che poi nel frattempo i baby cresceranno e svilupperanno altre e più composite manie compulsive. Del resto ci aspettano almeno altri tre film prima di Frozen 2, inclusa Moana, il personaggio Disney che dovrebbe spaccare nel 2018.

Comunque due cose posso darvele per certe.
1) Elsa avrà un nuovo vestito e voi dovrete di nuovo mettervi in coda al Disney Store per assicurarvene uno. E nel caso non ci riusciate sapete già che su eBay ne troverete uno che costerà il triplo, ma vabbè. Fatevene una ragione. Vi chiedono la versione di Frozen Fever? Insegnate loro che: o tutto o niente. Insomma, ora vi sto dando la scusa giusta per opporre un convinto no (ringraziare, please): «Dai amore, meglio aspettare quella ufficiale e magnificente di Frozen 2: vuoi mettere?». 2) Elsa non morirà, almeno non per davvero. Nel senso che magari sarà di nuovo salvata dall’amore di Anna oppure, anticipano i rumours, potrebbe diventare una forza della natura di un certo livello. Eh, dovrà assicurarsi uno spin off o un Frozen 3 o insomma vendere ancora milionate di cose in tutto il mondo con la sua faccia stampata sopra.

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Infine io credo che ora che Anna e Kristoff si amano ed Elsa regna felicemente sulla terra dei ghiacci Olaf si troverà una fidanzata. Pure lui è un personaggio ben riuscito e in America pare sia quello più facilmente replicabile sulle torte di compleanno: due is meglio che one, giusto?

Ossessione Norvegia

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Sono ossessionata dalla Scandinavia, ormai. Ogni giorno penso alla Danimarca, alla Norvegia e alla Svezia, a tutte e tre contemporaneamente o anche in ordine sparso.

Dopodiché notizie à gogo arrivano dentro la mia email. Tipo: si è svolta a Copenaghen la conferenza internazionale dei Babbi Natali da tutto il mondo; ieri l’accademia dello stoccafisso di Imperia ha celebrato il leggendario merluzzo della Norvegia (veramente); in Svezia se usi Uber hai diritto al biglietto della metro scontato.

Oppure: a Chiavari si scatena una tempesta tropicale che fa scendere la temperatura di almeno dieci gradi; fuori è buio e umido; ma noi ce ne andiamo in spiaggia. Come farebbe in automatico un norvegese. O un danese. Anche uno svedese, del resto.

E la Berenice inaugura le sue nuove pinne sotto una pioggerellina fine fine che assomiglia a quella che potrebbe sorprenderci a Bergen. Naturalmente, in spiaggia, ci siamo solo noi e una coppia di diciottenni che si sbaciucchia e neanche ci nota. Avrei potuto pensare a qualunque cosa guardando mia figlia che si gode la tempesta felice come un pesce azzurro e invece mi è venuto in mente questo: ma si può fare il bagno ad agosto nel Mare Glaciale Artico? E se no, come glielo spiego? Più che altro, riuscirò a fermarla?

Ci stavo riflettendo su quando sono inciampata in una pietra rossa e bianca che, incredibile, replica naturalmente la bandiera della Danimarca. O della Norvegia, dipende quale colore, se il bianco o il blu, i vostri occhi riescono a percepire. Ricordate la storia del vestito bianco/oro/azzurro/marrone ect che ha prodotto milioni di click in tutto il web? Ecco.

A un certo punto la B, super eccitata, ha fatto la faccia da Pippi Calzelunghe e mi ha chiesto questo regalo per il suo ottavo compleanno: «Un libro illustrato, magari a fumetti, ma assolutamente in italiano (non in inglese perché lo odio) sulla storia della Norvegia. Mi piacerebbe che fosse molto colorato e con un sacco di giochi dentro. Me lo compri?». Ovvio che sì. Devo solo trovarlo. Ma che ci vuole? Mancano solo due settimane al viaggio e ho pure il baby fissato. Grazie, Dio.

 

 

Cinque cose che non sai sulla Norvegia

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Ce ne sono parecchie altre che, magari, non sapete sulla Norvegia. Per ora accontentatevi di 5 cose che ho scoperto di recente. Poi, fatemi sapere che ne pensate.

1. In Lilyhammer, serie top che Sky ha dato per due stagioni di fila, c’è una scena in cui un gangster newyorchese entra in un supermercato, compra una lattina di aranciata, punta la pistola alla testa del commesso e dice: «Ma mi prendi per il culo? Dieci fottuti dollari per un drink?». Reazione (senza arma da fuoco) che ho avuto più o meno anch’io. Perché la Norvegia è il paese più caro del mondo. Però, dopo la Svizzera, è quello che ha gli stipendi più alti d’Europa: 55.370 euro è la media. Quasi quasi, se qui va tutto in malora, mi ci trasferisco.

2. A Sandhornoya, in pieno Circolo Polare Artico, hanno aperto la sauna più grande del mondo: ogni sabato fino a settembre accoglierà gratis 100 persone. Volendo, si può anche affittare una capanna sulla spiaggia per rinfrescarsi. Devo verificare se ci passiamo coi baby. Anche se, ieri, la Berenice mi ha confessato che fare campeggio non le interessa: «E se poi i troll si arrabbiano?».

3. Le prigioni norvegesi sono le migliori del mondo. I detenuti hanno libero accesso a Internet perché questo fa parte della loro “rieducazione”. È anche per questo che uno come Anders Breivik, il terrorista solitario che il 22 luglio 2011 massacrò su un’isola davanti a Oslo 77 ragazzi, si iscrive all’università, dice di non pentirsi ma di voler studiare scienze politiche, e nessuno si indigna.

4. In Norvegia si realizzano i programmi tivù più noiosi della storia. La chiamano slow tv. Tipo: sono riusciti a trasmettere un viaggio in treno di 10 ore da Oslo a Bergen o la deposizione delle uova di salmone che è durata 18 ore. Il prossimo progetto della NTWK è riprendere una signora che lavora a maglia e che in 8 ore (appena) farà un maglione.

5. La Norvegia ha il più alto grado di alfabetizzazione del mondo. Per dire. Il governo acquista 1000 copie del libro di chiunque ne pubblichi uno e lo distribuisce gratuitamente nelle biblioteche statali. Ah, e l’università pubblica è gratuita per tutti, anche per gli stranieri.

PS: Harald V di Norvegia, re dal 1991, se ne va in giro in bus/metro e paga il biglietto. Bravo. Suo padre si chiamava Olav. Sì, proprio come il pupazzo di neve di Frozen.

Bello lo Scoot di Stokke, ce l’ha pure Gwen (Stefani)

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Accendo il computer per trovare le istruzioni o almeno un video su come diavolo chiudere il nuovo passeggino e che cosa scopro? Gwen Stefani ne ha uno identico al mio ma rosso e insomma porta in giro il piccolo Apollo, 16 mesi, su uno Scoot di Stokke. Nella foto, accanto alla mamma c’è Kingston, 9 anni, uno in più della Berenice: lo avevo visto che aveva un paio di mesi, a Londra, prima che Gwen si accomodasse su un divanetto per raccontarmi del miracolo della maternità e di quanto apprezzasse però anche i miei nuovi stivali verdi di Miu Miu. Giuro.

Quindi un po’ mi emoziona rivederlo grande e sapere che il suo terzo fratellino (Zuma, il secondo, ormai ha 6 anni e va a scuola) ha più o meno la stessa età di Vittorio. Ma soprattutto mi sento anche un po’ più cool del solito a scoprire che pure la frontleader dei No Doubt ha scelto un passeggino norvegese.

È un mese che ho abbandonato la Bugaboo: dopo 8 anni e tre bambini e parecchi viaggi non ce la faceva più. È stato doloroso liberarcene, ma poi abbiamo scoperto che per l’avventura a Capo Nord lo Scoot sarebbe stato perfetto e quindi voilà, evviva il Made in Norway.

Mi sono informata. Stokke è un marchio storico di Ålesund, paesino marinaro sulla costa orientale della Norvegia: nasce nel 1932 e produce sedili per gli autobus e mobili. Ma poi diventa famoso per le poltrone reclinabili e le seggiole ergonomiche pensate per l’ufficio. Avete presente quelle rosse su cui avete visto appendersi/dondolare la collega nuotatrice/yogi/runner/vegana/ect? Ecco, le prime erano di Stokke.

Poi nel 1972 Peter Opsvik prende un bel po’ di legno e disegna il Tripp Trapp. E così, improvvisamente, il seggiolone che segue il bambino per tutta la vita trasformandosi in una sedia per la scrivania diventa prima un successo internazionale e poi un’icona del design. È a quel punto che Stokke si rende conto che il mercato dei prodotti per bambini è assai interessante e, applicando lo stesso concept, lancia un fasciatoio e poi una culla che crescono con il bebé diventando il primo una scrivania e il secondo un comodo letto da grande.

Ma è nel 2003 che le mamme iniziano a parlare di Stokke perché, a quel punto, i designer norvegesi s’inventano la Stokke® Xplory® la prima carrozzina di design che innalza il piccolo all’altezza dei genitori e polverizza i competitor abituati a realizzare catafalchi sì, ma molto bassi. Le prime a crederci sono le star di Hollywood che si fanno fotografare per L.A con il passeggino che assomiglia a un’astronave: felici e contente cantano «Higher is better», cioè Più alto è meglio.

Seguono le mamme metropolitane alla moda. Oggi molte di noi possiedono un Tripp Trapp (il mio è azzurro e magnifico, grazie Liana) e ringraziano Stokke per l’intuizione: avere il baby a tavola con noi significa condividere un momento di socialità fondamentale, vuol dire metterlo alla nostra stessa altezza e fare di lui un mangiatore convinto e sorridente. Tra l’altro ho anche letto che questi sono prodotti sostenibili, realizzati con materiali ecologici e biodegradabili, filati organici e insomma legno solido e resistente.

Quindi, visto che ora ho imparato a chiuderlo e ad aprirlo e soprattutto a usarlo, vi beccherete un bel po’ di foto di V Stokkizzato. A Milano e in Scandinavia. E quando arriveremo in Norvegia ad Ålesund ci sarà la banda ad accoglierci. Come minimo.