Sciopero clima, il mio Friday for future con mia figlia

Quando avevo 16 anni io desideravo con tutte le mie forze soltanto questo: sposare Simon Le Bon. Perché lui era la mia luce. Il mio mare. Le mie montagne. Era sostanzialmente l’ossigeno che dava respiro alla mia adolescenza. Greta Thunberg a 16 anni ha un’ambizione più grande della mia e di parecchi altri, lei vuole salvare il nostro pianeta fermando il cambiamento climatico. E ogni giorno c’è qualcuno che le dà della matta perculandola ogni dì che Dio manda su questa terra. Perché? Facile. A 16 anni è già un leader capace di muovere 4 milioni di persone, perlopiù bambini, in 27 paesi del mondo e in 180 città italiane.

Io non ho sposato Simon dei Duran Duran, però oggi ho portato mia figlia alla sua prima manifestazione in piazza a Milano. Non ho osato mandarla con le sue amiche perché ha solo 12 anni, ma sono stata felice che me lo abbia chiesto perché ha dimostrato di essere una bambina che vive nel mondo e sa che cosa le succede intorno. La prima manifestazione a cui ho partecipato al ginnasio era contro uno dei tanti ministri dell’Istruzione che voleva cambiare la scuola, non mi ricordo neanche più come e soprattutto perché. Però ai tempi avevo la sensazione che i miei compagni più grandi fossero in strada solo per saltare l’interrogazione di greco o il compito di matematica. Legittimi obiettivi, per carità. Ma miserrimi rispetto a quelli di Greta.

Quindi, questa mattina ci siamo buttate nella mischia di piazza Cairoli ed è stata un’esperienza davvero intensa. Ho visto bambini della scuola primaria mostrare striscioni con su scritto: «Salviamo questo qui, non c’è un pianeta B». Ho sentito un’ottenne cantare: «Scendi giù, manifesta pure tu». E mi sono goduta lo spettacolo di una signora con i capelli bianchi che si è affacciata da un balcone con le braccia alzate in segno di vittoria: a quel punto i bambini hanno fatto oh! Poi ho conosciuto un nonno con la camicia azzurra e i pantaloni blu che sorrideva e applaudiva e insomma mi sono anche un po’ commossa. Esibiva un cartello verde al collo, diceva: «Care/cari nipoti sono con voi per il vostro futuro sulla terra».

 

Mi sono girata e mia figlia era felice mentre agitava il suo cartellone per aria: «Stop climate change è un messaggio troppo scontato. Guarda quella ragazza, ha scritto: «Ormai le stagioni sono più irregolari del mio ciclo». Riuscirò mai a dire qualcosa di altrettanto originale?», mi ha chiesto disperata. Non lo so Berenice. Però di una cosa sono certa. Se non piantiamo più alberi, se non la finiamo di tenere l’aria condizionata a palla e se non diciamo no alla plastica per sempre le uniche stagioni che vedremo saranno quelle su Netflix.

Anche se ormai Greta rappresenta plasticamente tutto quello che da giovani noi non siamo riusciti a essere, solo a lei dovremo dire un giorno grazie se l’acqua degli oceani smetterà di scaldarsi e se a Milano non saremo più svegliati nel cuore della notte da violente piogge tropicali. Non perché lei la sappia più lunga di illustri scienziati e climatologi (che comunque stanno con lei: ok non Carlo Rubbia, ma lui è un fisico, non un climatologo e pazienza), noi dovremo ringraziarla perché sostando davanti al parlamento svedese per giorni Greta è riuscita a ricevere tutta l’attenzione che si merita l’ambiente, la causa ecologista, la natura, la nostra vita su questo pianeta.

Diciamocelo pure, questa meravigliosa adolescente svedese Asperger è il cambiamento che qualcuno di noi non ha trovato la forza di innescare. Credo che sia per questo che molti sono andati letteralmente fuori di testa e ci danno dei “Gretini” arrogandosi il diritto inalienabile di essere solo loro quelli “indelligenti”.

«How dare you?», come osate, ha urlato Greta davanti ai microfoni dell’Onu. Questo è il momento di agire, di sentirsi vivi per restare vivi. Così è andato il nostro primo Friday for Future, l’ultimo venerdì della settimana che ha portato in piazza i nostri figli, i nostri teenager, il nostro futuro.

Come dice la mia amica Veronica, benvenuti nell’era in cui i bambini si occupano di cambiamenti climatici e i politici di merendine.

 

Ps: non ho sposato Simon Le Bon, ma una volta l’ho baciato. Tiè.

Con ESL i viaggi studio sono in formato famiglia

 

 

Suona come qualcos’altro, invece ESL sta semplicemente per Ecole Suisse de Langues e in vent’anni è diventata il leader nel mercato dei soggiorni studio all’estero. Ve li ricordate i primi viaggi in aereo da soli a inseguire il miraggio parentale dell’apprendere l’inglese in due settimane e via? Io avevo 14 anni, la prima volta. Ai tempi, era sul finire degli anni Ottanta, le più piccole erano spedite a studiare in college vittoriani immersi nella splendida e umida campagna alle porte di Londra. Si illudevano che in una struttura protetta nulla di grave potesse accadere davvero. Invece, l’ultima notte prima di tornare in Italia, qualcuno mise in giro la voce che il grattacielo dove noi dormivamo era infestato dal fantasma di Bertrand Russel e chissà perché. Tra l’altro, il signore in questione era stato un filosofo, un matematico e uno dei primi convinti pacifisti della storia anglosassone: era morto un anno prima che io nascessi, anche. Ma dalla mezzanotte in poi di quel maledetto giorno ricordo di aver provato per la prima volta in vita mia una sensazione di terrore profondo, ineluttabile e inesorabile che a pensarci, ancora oggi, mi vengono i brividi. Urlavo, piangevo, invocavo la mamma, il papà e i nomi di tutti e tre i miei nonni contemporaneamente.

Per questo, l’anno dopo puntai i piedi e ottenni l’upgrade al soggiorno in una autentica famiglia inglese a Brighton. Io e la mia amica Katia, però, ci trovammo dentro una casetta di legno di proprietà di una madre single che non solo odiava cucinare, ma ci nutriva con enormi paste ripiene di carne di maiale e/o manzo. In alternativa, il nulla. Non che pretendessimo chissà che, ma avevamo l’abitudine di mangiare. Lì invece patimmo letteralmente la fame.

Forse deve essere successo qualcosa del genere anche ad Alain Vadi e Patrick Siegenthaler se, a un certo punto, si sono inventati la ESL a Montreux. Hanno cominciato nel 1996 con i summer camps per i più piccoli in due piccole cittadine montane, Les Paccots e Diablerets e in 22 anni esatti sono riusciti a organizzare viaggi studio in 20 lingue diverse e in 250 destinazioni diventando i più bravi d’Europa. Credo che ormai non capiti più quel che ho vissuto io. Non con loro, almeno. Primo perché ESL cuce addosso solo esperienze su misura organizzando viaggi individuali e selezionando le famiglie dove andrai a vivere per una/due settimane usando i criteri che ti aspetti da un adulto medio svizzero. Dunque ineccepibili.

Secondo. ESL ora ha perfino proposte formato famiglia, quindi potete partire con i vostri figli e inventarvi una vacanza studio insieme nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti, in Australia, a Tokyo o a Seoul. Si può scegliere se dormire in hotel, appartamento o famiglia ed è meglio se i bambini/ragazzi hanno tra i 5 e i 17 anni. Anche se a Malta (una settimana per un adulto e un bambino da 870 euro), uno dei luoghi preferiti per i viaggi di studio estivi, è a disposizione un asilo in lingua per i fratellini dai 2 anni in su.

Le mete? Gli italiani prediligono ancora la Gran Bretagna, dove una settimana in famiglia o hotel parte da 1340 euro a Brighton. Ma se i babies hanno compiuto almeno 10 anni qualcuno li porta anche sull’isoletta di Jersey, nel bel mezzo del Canale della Manica: spiagge bianche, scogliere scenografiche, tramonti da cinema. Seguono Parigi e Antibes, Costa Azzurra, dove la scuola è dentro una magnifica cascina provenzale e sette giorni con il proprio genitore preferito vengono via a 1090 euro. Infine, Malaga, Spagna: mare, musei, parchi divertimento e scuola di spagnolo con piscina a partire da 1110 euro. Partite. Poi, fatemi sapere com’è andata.

PS: nelle foto sopra la mia famiglia a Miami nella sede ufficiale del comitato che organizzava la campagna di Hillary Clinton Presidente e su Lincoln Road.

Lyric C2 di Honeywell, la telecamera più intelligente che ci sia

Non ci avevo mai pensato, ma avere il controllo di tutto quello che accade a casa quando non ci sei ti fa sentire una specie di agente segreto. O Wonder Woman, soprattutto se sei in bikini a Taormina e mentre sali in cima all’Isola Bella clicchi un’app e dai una sbirciatina al salotto o alla cameretta dei piccoli. Tutto ok, grazie Honeywell. Non sembra, ma tenere d’occhio casa tua perfino dal timone di un gozzo ti trasmette un’interessante sensazione di potere. Pardon, superpotere.

Il merito va a Lyric C2 wi-fi security camera, nome in codice per una telecamerina grande quanto un’iPhone ma incredibilmente sofisticata. La firma Honeywell, una multinazionale americana con sede a Morristown, New Jersey, che è pure una delle prime 500 aziende a stelle e strisce per volume di fatturato. Quindi, fa parte dell’indice Dow Jones. Il suo business? Controllo e automazione sia nel settore industriale che in quello domestico, ma oltre a produrre favolosi termostati per la casa produce anche componenti per il settore aeronautico e automobilistico. Per dire. Era suo il T-Hawk, il drone utilizzato a Fukushima per sorvolare la centrale nucleare esplosa in Giappone nel 2011 e valutare i danni nella zona del disastro.

Ovvio che fossero in grado di progettare e realizzare una telecamera così intelligente che riconosce il pianto di un bambino dal ronzare di una zanzara. Ed è talmente sensibile da intercettare il volo di un passerotto al di là della finestra (coi doppi vetri) o i passi del vicino di casa tutte le volte che fa le scale e maledice il giorno in cui ha comprato un appartamento al terzo piano senza ascensore. Ah, riesce anche a rilevare il fumo e/o le quantità precise di monossido di carbonio nell’aria. E ti salva la vita.

Io l’ho appoggiata sulla libreria, l’ho collegata al wifi e ho avuto una visione quadrangolare a 145 gradi: praticamente un colpo d’occhio in diretta streaming e ad alta risoluzione su tutto quel che accadeva in quella stanza. È stato come avere gli occhi e le orecchie del lupo di Cappuccetto Rosso perché ho visto e ascoltato ancora meglio tutto quello che mi interessava davvero anche a distanza di centinaia di chilometri.

Per esempio. È stato bello e anche un po’ incredibile per Vittorio (non ha neanche 5 anni) svegliarsi con il suono della mia voce che da Vietri gli diceva: «Ciao amore mio!». Sì, grazie al microfono puoi anche parlare, cantare, schioccare baci attraverso la fenomenale C2.

Però dovete almeno moderare il numero di email che vi manda appena rileva un suono: bastano le notifiche sulla app, please. Questo anche se il meccanismo, in realtà, ha la funzione di avvertirti appena capita qualcosa di sospetto (visitatori inaspettati ed emergenze familiari) per permetterti di vedere e intervenire rapidamente. Infatti funziona anche di notte e insomma se hai un bebè che piange disperato e tu sei in vacanza con tuo marito ti senti in colpa, ma almeno avvisi la tata. O la nonna. Anche se, forse, se hai un neonato e sei a Parigi a goderti un weekend romantico non ti servirà una telecamera per dimostrare che non sei la madre migliore del mondo. Ma questa è un’altra storia.

Comunque. Le immagini e i movimenti e tutto quel che accade si può archiviare anche su cloud e scheda SD. Qualunque cosa questo voglia davvero dire. Per voi, per me, per vostro marito. Enjoy!