Quattro anni agiscono come una spugna sulla memoria di un’ottenne: cancellato ogni ricordo di Legoland, per la Berenice questa è la prima volta che ci viene e che soddisfazione. Però almeno non piove come nel 2011 e neanche soffia il vento.
È primavera, quassù, e i danesi ci vengono per fare il pic-nic. Si trascinano dietro una specie di casetta, in tessuto tecnico o legno, e la riempiono di borse frigo, panini coi würstel (un biondo è uscito dalla sua Volvo con un cabaret di sandwich e ce ne ha offerto una mezza dozzina caldi: “Li ha fatti la mia mamma”), aranciate, marmellate, pane fresco e una montagna di birre.
Se ne vanno in giro conciati come se dovessero scappare da un’invasione di alieni da un momento all’altro. Nel senso che ogni famiglia è composta almeno da due adulti e tre baby (ma grandi il doppio dei nostri, giuro: vedi Tristan, 2 anni, tifoso di Balotelli) e con sé hanno tutti una specie di valigia con le rotelle e passeggini giganteschi. L’organizzazione danese ci fa un baffo, altro che.
I mattoncini riescono a replicare qualunque cosa/animale/città. Si comincia con una mini Danimarca, of course. E poi montagne russe, camioncini dei pompieri, navi dei pirati e castelli infestati di fantasmi a forma di Lego. Già