Bergen è uguale a Frozen

Bravi, l’hanno disegnata esattamente come appare: Arendelle è uguale a Bergen e io sono venuta fin quassù per verificarlo. Quindi sì, è vero, i ragazzi della Disney hanno replicato perfettamente dentro Frozen ognuna delle 61 casette di legno del ‘400 che hanno costretto pure l’Unesco a dichiarare questa fiabesca città Patrimonio dell’Umanità. E in uno dei negozietti del porto ho trovato perfino la versione adulta del vestito di Elsa, ma non l’ho presa: «Vabbè mamma, ma che te ne fai? Piuttosto: mi compri un troll? E un cappello, ho le orecchie gelate. Anche un paio di guanti, magari».

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Siamo in Norvegia, evviva. La temperatura è crollata sotto i 15 gradi, le ragazze se ne vanno in giro in shorts, cerata e stivali di gomma, noi in piumino e siamo fortunati che oggi non piove in una città dove, abitualmente, per 269 giorni all’anno diluvia. Al mercato del pesce sono spuntati i primi italiani e chevelodicoafà: sui banconi un tripudio di crostacei e salmoni selvaggi cucinati in qualunque modo, granchi reali da 15 chili l’uno, halibut, bistecche di balena e spiedini di calamari, sandwich ripieni di gamberetti e maionese e uova che solo a guardarli il colesterolo schizza a 200. In alternativa hamburger di renna e hot dog d’alce. Ah, e i prezzi sono ridicoli. Per un piatto non spendi meno di 30 euro e se entri in panetteria un croissant costa almeno 5. Ve lo giuro. Inoltre, proprio nel cuore di Bryggen vendono corna di Bambi, alci e renne per neanche 15 euro, ma si può?

Però nei negozi d’arredamento vedi cose che neanche a Milano e i prezzi sono gli stessi. Il design nordico è favoloso e ingegnoso e mi fa venire in mente solo che forse io, nella mia vita precedente, devo essere cresciuta tra i boschi di conifere di queste parti perché mi basta vedere una sedia ed è come se davanti a me ci fosse la mia trisnonna. Sento che se avessi la connessione a internet, una casetta bianca con il tetto rosso sul bordo di un fiordo e il sussidio garantito dello stato norvegese potrei vivere qui felice. Per sempre.

Comunque. La guida sostiene che solo se sei un bambino puoi vedere un troll, altrimenti niente. Quindi per tutta la giornata ho dovuto inventare storie sui folletti che qui abitano nelle foreste, hanno la coda e sono ritratti in ogni negozio di souvenir. Li trovi perfino in cima al monte Floyen che raggiungi con una funicolare aggrappata alle rocce fino a 320 metri. Scendi dal trenino e, oltre a una vista spettacolare di Bergen e i suoi fiordi, hai davanti a te il più incredibile parco giochi all’aperto che io abbia mai visto, con scivoli tra pini secolari, altalene rotanti, scivoli incastonati tra muschi, licheni e quell’erba fresca e morbida e profumata che pensi esista solo nei libri illustrati per bambini.

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Invece, qui è tutto vero e il percorso del troll è un favoloso sentiero tra alberi giganteschi e magnificenti. E insomma ne abbraccio un paio prima che scatti l’ora di cena.

Sono le 9 di sera, la luce è ancora bianca e intensa quando la cameriera ci porta in tavola un secchio di gamberi della Groenlandia al limone e cozze e patatine fritte che ci sfami una famiglia di Cuneo. Dopotutto, domani è un altro giorno: salute, neh.

 

 

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